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Lavoro, si può trasferire il dipendente in un’altra sede o reparto?

Negli ultimi anni il mondo del lavoro ha dovuto far fronte ad una lunga serie di cambiamenti intervenuti in seguito alla crisi pandemica e alla guerra tra Russia e Ucraina. Molte aziende si sono così ritrovate a dover riassettare l’intera organizzazione ricolando il personale, introducendo nuove modalità lavorative, accorpando reparti e, nei casi più estremi, operando numerosi licenziamenti. Il governo, con l’emanazione di una serie di decreti, ha scongiurato per molte realtà produttive quest’ultima ipotesi, salvaguardando in questo modo numerosi posti di lavoro.

Ad oggi l’economia mondiale e i dati sull’occupazione registrano una lieve ripresa ma, ciò nonostante, le conseguenze scaturite dal biennio 2020-2022 ancora riecheggiano. Un tema sul quale vale la pensa soffermarsi, in questo senso, è quello dei trasferimenti dei lavoratori. Un capitolo ampio che ha coinvolto, e lo fa tutt’ora migliaia di dipendenti.

Quando si può essere trasferiti?

Entrando nel merito delle tipologie dei trasferimenti, in generale, possono verificarsi trasferimenti di reparto quando il dipendente viene spostato da un dipartimento all’altro all’interno dell’azienda, temporanei quando sono operati per un periodo circoscritto in virtù di progetti speciali, sostituzioni temporanee o missioni all’estero, promozionali quando ad un dipendente viene assegnata una posizione di maggior responsabilità, solitamente con un aumento di stipendio e autorità decisionale, laterali nel momento in cui un dipendente viene spostato in una posizione simile o di pari livello, ma senza un cambiamento significativo delle responsabilità o della retribuzione.

Vi sono poi trasferimenti che possono dare origini a complicazioni come i trasferimenti di posizione ossia qualora avvenga il movimento di un dipendente da una posizione o un ufficio a un altro. Può essere un trasferimento all’interno della stessa azienda o di una filiale diversa, sia a livello locale che internazionale. Caso più particolare è il trasferimento a seguito di una sentenza di reintegro che, come riportato sul sito dello studio legale Bronzini di Roma, può dare luogo a lunghe vicende processuali tra dipendente e azienda. Infine, ultima classificazione a titolo esemplificativo, i trasferimenti di proprietà nei casi in cui i dipendenti, in seguito al cambio di proprietà dell’azienda o in seguito all’acquisizione della stessa, vengono trasferiti alla nuova proprietà come parte dell’accordo di acquisizione. Anche in questo caso la questione diventa spinosa poiché, molto spesso, il tutto avviene con un cambio contrattuale che può produrre degli svantaggi nei confronti dei lavoratori.

Cosa dice la legge

Il tema dei trasferimenti è piuttosto ampio. Esistono difatti una serie di diverse tipologie di trasferimento che possono essere ricondotte a voleri personali o a decisioni aziendali. Entrambe le ipotesi dipendono da una parte dalle politiche aziendali e dunque possono variare da un’organizzazione all’altra, d’altro canto ci sono una serie di riferimenti legislativi che disciplinano la tematica. In particolar modo, quando si parla di trasferimenti ci si basa sull’articolo 2103 del Codice Civile, sui contratti collettivi del lavoro, sui contratti individuali o lettere di assunzioni, sulla legge 183/2010 e la legge del 28 giugno 2012 n. 92, recante disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita.

Secondo la legge, affinché lo spostamento del dipendente sia legittimo, deve avvenire solamente se sussistono comprovate ragioni tecniche organizzative o produttive. Tradotto, l’azienda deve fornire le prove della necessità del dipendente scelto per il trasferimento in un’altra sede, in virtù della sua professionalità, oppure l’inutilità dello stesso nella sede di provenienza. Qualora non sussistano le cause citate, il trasferimento può essere inquadrato come illegittimo.

In aggiunta, sono illegittimi i trasferimenti imposti ai disabili gravi, a chi assiste persone con disabilità, che godono dei permessi ex legge 104 e alle lavoratrici madri con bambini fino ad un anno di età. Per impugnare l’illegittimità del trasferimento ci sono massimo 60 giorni di tempo da calcolare dall’avvenuta comunicazione, pena la decadenza dell’atto. In questi casi è sempre necessario rivolgersi ad un avvocato esperto in diritto del lavoro che possa curare con dovizia e competenza la questione lavorativa.

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