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Bloccato dai poliziotti muore dopo l’arresto

Zaccai:“potrebbe trattarsi di un ennesimo omicidio di stato come dimostra anche l’autopsia”

Il presidente del Movimento nazionale Italia garantista si unisce a Vittorio, il fratello di Luigi Marinelli, il 49enne morto lunedì 5 settembre dopo essere stato bloccato dai poliziotti, e lancia una durissima accusa: “Potrebbe trattarsi di un ennesimo omicidio di stato come dimostra anche l’autopsia. Basta con questi decessi misteriosi e dubbi: se vi sono state responsabilità è giusto che chi ha sbagliato paghi attraverso un giusto processo e che sia applicata, riconosciute le oggettive responsabilità, una giusta pena”
“L’hanno ammazzato i poliziotti, lo dimostra anche l’autopsia: Luigi aveva alcune costole (dodici, e poco compatibili con un malore, ndr) fratturate”. Costole rotte che c’entrerebbero pochissimo con le microfratture rilevate dal medico legale per il massaggio cardiaco cui sarebbe stato sottoposto Luigi. E’ durissima l’accusa lanciata da Vittorio Marinelli, il fratello del 49enne morto dopo una lite con la madre mentre gli agenti, lunedì 5 settembre, cercavano di bloccarlo. La famiglia Marinelli, ancora sconvolta dal dolore, sotto shock, ha annunciato che procederà contro gli agenti e pertanto si è rivolta per assistenza legale agli avvocati Antonio Paparo e Giuseppe Iannotta.
“Un altro caso Cucchi? Un altro caso Lonzi? Un altro caso Aldrovandi? Ma si può morire per mano di chi dovrebbe tutelare l’ordine e la giustizia?” accusa Pier Paolo Zaccai, presidente del Movimento nazionale Italia garantista, nonché consigliere indipendente della Provincia di Roma, elencando soltanto alcuni dei casi saliti alla ribalta della cronaca per la caparbia volontà dei familiari di queste vittime innocenti ad avere giustizia.
Il presidente Zaccai si unisce pertanto alla denuncia di Vittorio Marinelli condannando quanti, che indegnamente indossano la divisa di tutori dell’ordine, abusano del loro ruolo. Fino alle estreme conseguenze. “Se ci sono state delle responsabilità auspichiamo che vengano accertate e che chi ha sbagliato paghi in maniera esemplare”, dichiara il presidente del Movimento, un organismo “trasversale” che tutela i diritti di tutti, senza alcuna distinzione di ceto, credo religioso o politico, con sede a Roma e simpatizzanti in tutta Italia.
“Vogliamo giustizia”, dichiara Vittorio Marinelli, anch’egli avvocato di professione, precisando più volte che il fratello Luigi, dipinto come un tossicodipendente “era in realtà uscito dal giro della droga ormai da venti anni, da quando era in cura al Sert, e che faceva uso di hashish o cocaina soltanto sporadicamente. Era schizofrenico ma non tossicodipendente”.
Ma cosa è accaduto quel tragico lunedì 5 settembre in quell’elegante appartamento dell’Eur di via Francesco De Vico? A ricostruire la vicenda è, con estrema lucidità, lo stesso Vittorio Marinelli, testimone oculare dell’accaduto.
“Dopo la telefonata al 113 di mia madre, con la quale Luigi stava discutendo animatamente – spiega ancora Marinelli – si sono presentati tre bravissimi agenti di polizia che, riuscendo a calmare Luigi, hanno conquistato la sua fiducia. Ma quando mio fratello ha espresso la volontà di uscire di casa per raggiungere la fidanzata lo hanno bloccato, e direi giustamente visto che era ancora su di giri”.
E sarebbe stato proprio quell’impedimento a scatenare l’ira di Luigi che ha tentato di divincolarsi. Vittorio, presente alla scena, ricorda: “I tre agenti, non riuscendo a tenerlo, hanno chiamato i rinforzi. Poco dopo è arrivato un quarto agente, un vero energumeno, che è saltato addosso a mio fratello, ammanettandolo e bloccandolo violentemente contro la porta e spingendo con il ginocchio contro la sua schiena”. A quel punto Vittorio Marinelli si accorge immediatamente che “qualcosa” non va.
Grida subito di togliergli le manette, ma non hanno le chiavi. Solo più tardi, quando arrivano altri poliziotti con le chiavi, riescono a liberare Luigi  che però giace ormai esanime, privo di vita, a terra. Inutile purtroppo anche l’arrivo del 118. “Luigi è morto: ed il 118, arrivato con un’ora di ritardo, non avrebbe dovuto portare via il corpo”, accusa Vittorio affranto. “E pensare che gli agenti non sono stati nemmeno capaci di fare la respirazione bocca a bocca: l’ho dovuta fare io – conclude – poi loro hanno provato inutilmente a fare un massaggio cardiaco”.
Il presidente Zaccai commenta: “Luigi Marinelli ucciso dalla polizia? Basta con le “morti di carcere”. Basta con i soprusi. Basta con questi scandali e omicidi di stato coperti dai poteri forti. Sembrerebbe che il decesso sia da attribuirsi a ipossia per compressione toracica a causa della postura  cui la vittima è stata costretta suo malgrado. Ciò non toglie che, in base agli elementi testimoniali oculari riferiti dal fratello, qualcosa nell’applicazione del protocollo procedurale sia stata disattesa. Un manuale di pronto soccorso utilizzato dalle forze di polizia fin dal 1952 spiega come intervenire sui soggetti con disturbi psichici, gli stessi debbono essere immobilizzati e contenuti ai polsi ed alle caviglie con fasciature a maglie larghe: sono proibite in assoluto compressioni sulla cassa toracica. Molti agenti dovrebbero tornare a scuola: il ministero dell’interno se ne faccia carico. Indubbiamente, poi, sarebbero stati superati i limiti concessi dalla codifica normativa. Ci sarebbe inoltre l’inspiegabile ritardo dell’ambulanza. Una tragedia  come questa in un paese civile è inaccettabile: mi impegnerò  perché per una vita spezzata troppo presto sia fatta giustizia” dichiara il presidente Zaccai.
A rincarare la dose delle accuse, ipotizzando “il rischio che gli agenti abbiano sbagliato molte cose”, è l’avvocato Paparo, che spiega: “Ci sono molte analogie con il caso di Federico Aldrovandi”. Federico aveva diciotto anni e fu picchiato a Ferrara nel giugno del 2005 dai poliziotti, in seguito condannati. “Il quadro clinico che emerge dai primi risultati dell’autopsia non è compatibile con la ricostruzione di quanto avvenuto nell’appartamento”, dichiara il legale che assiste la famiglia: “Le costole fratturate sono 12 ed inoltre dagli esami emerge una lesione alla milza con una piccola emorragia interna. C’è il rischio”, ribadisce, “che gli agenti abbiano sbagliato molte cose: sicuramente sono andati sopra le righe nelle procedure di arresto”. Al momento, ufficialmente, non vi è alcuna notizia di reato, né alcuna denuncia nei confronti degli agenti. Per un quadro clinico più completo e per comprendere anche le cause del decesso occorrerà attendere la conclusione dell’autopsia, in particolare dell’esame del cuore, affidata ad un’equipe di esperti. I risultati dovrebbero essere resi noti tra quaranta giorni.
 
 
 
 
 

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