
Concluso il braccio di ferro tra Superprocura Coni e organi di giustizia federale della palla ovale
abbiamo ricevuto e pubblichiamo
Concluso il caso legato ad episodi di bullismo, che ha imbarazzato la Federazione, riguardo tre allenatori di una importante squadra giovanile, la Fiumicino Rugby ed una donna accompagnatrice, che dopo essere stati sottoposti a processo sportivo per un presunto episodio di violenza fisica e morale su due 14enni del vivaio avvenuto nel maggio del 2015 in un hotel di Jesolo, durante il Trofeo Topolino, sono stati condannati a 3 mesi di inibizione a dispetto dei 6 e 4 anni richiesti dalla Procura del Coni, che probabilmente ricorrerà in appello.
Oltre la pena, comminata dal Tribunale della federugby ai 3 Coach e alla donna, è stata fatta anche una multa al club sportivo per responsabilità oggettiva e per non aver comunicato ai vertici della federugby il grave episodio di violenza e bullismo sul quale erano state prodotte denunce da parte dei genitori e sul quale deve ancora essere concluso il procedimento penale e civile in corso presso il tribunale di Venezia.
La decisione del Tribunale sportivo della FIR arriva in seguito alla conclusione delle indagini da parte della Procura generale dello sport del CONI, che aveva avviato una attività di indagine rispetto all’episodio di violenza denunciato dai genitori dei ragazzi. Il processo sportivo appena concluso con la condanna degli imputati della squadra di Fiumicino è il primo in Italia ad affrontare il tema della violenza e maltrattamenti nel cosiddetto terzo tempo.
“Le indagini faranno il loro corso – hanno dichiarato i genitori dei due ragazzi – ma intanto arriva il primo verdetto importante soprattutto nell’ottica di una definitiva purificazione del rugby che sembra essere scosso, sempre più spesso, da episodi e da accuse pesanti oltre che da una serie sempre più numerosa di eventi al limite tra violenza e bullismo. Episodi che ledono il valore sociale e inclusivo dello sport soprattutto quando a commetterli sono gli stessi educatori, che dovrebbero invece trasmettere ai ragazzi il senso del rispetto della persona e della dignità umana, in una società sportiva che avrebbe a sua volta dovuto meglio vigilare e controllare la qualità di coloro ai quali aveva affidato i propri atleti e i propri colori”.
“Attendiamo fiduciosi – aggiungono – anche l’esito delle altre indagini e processi in corso, convinti che la verità verrà fuori soprattutto sui motivi che hanno portato a questo terribile episodio di malosport. I nostri figli si fidavano dei loro allenatori come anche noi, al punto da aver affidato totalmente la loro tutela alla società, in occasione della trasferta a tanti chilometri da casa. Certo questo è un primo passo importante che almeno dal punto di vista dell’etica dello sport segna un punto fisso sul quale almeno la federazione e le società sportive dovranno riflettere soprattutto pensando al sistema educativo del settore giovanile”.






