
L’associazione ambientalista esprime contrarietà al progetto di realizzazione del nuovo porto a Fiumicino
di Dario Nottola
Legambiente esprime il suo “no” al progetto di realizzazione del nuovo porto commerciale a Fiumicino e chiede l’intervento della Commissione delle Comunità Europee per “fare luce sull’efficacia degli interventi contro l’erosione costiera previsti a Fregene”. E’ quanto ha evidenziato l’associazione ambientalista dopo la tappa ieri a Fregene di Goletta Verde, la storica imbarcazione ambientalista che farà ora sosta anche ad Ostia, al Porto di Roma. I volontari dell’associazione hanno esposto lo striscione “Giù le mani dalla costa” per denunciare i “continui attacchi alla costa laziale: basta opere inutili lungo tutta la costa della regione che aggravano l’erosione costiera e creano notevoli danni all’ambiente e alla biodiversità”.
L’associazione, nel corso di un incontro con cittadini, associazioni e comitati, ha espresso quindi la “propria contrarietà al progetto di realizzazione del nuovo porto a Fiumicino, che comprometterebbe ulteriormente il tratto di costa da Fiumicino a Passoscuro, già segnato da fenomeni di erosione costiera”.
Legambiente ha inoltre denunciato la “possibile violazione del diritto comunitario per la realizzazione dei lavori di rinforzo alla foce del canale “collettore generale Acque Alte”, nell’area del Sito di Interesse Comunitario della Rete Natura 2000 ricadente nell’Oasi Naturale WWF di Macchiagrande. Qui, infatti, nel corso degli ultimi dieci anni con l’intento di contrastare i fenomeni erosivi la Regione Lazio, di concerto con l’Ardis, ha messo in opera diversi interventi di difesa della costa concentrati nel tratto compreso tra Fiumicino e Fregene (scogliere frangiflutti, barriere soffolte e pennelli), l’ultimo addirittura a febbraio scorso. Da diversi mesi associazioni, cittadini e operatori economici della zona, balneatori – che hanno animato il Comitato “Salviamo la spiaggia di Fregene” – hanno già raccolto 10mila firme per chiedere di fermare queste opere“.
“Gli interventi realizzati e quelli in programma non solo non risolvono il problema, a Fregene così come altrove, ma spostano banalmente l’erosione nei tratti di costa immediatamente successivi a quelli interessati da barriere – afferma Roberto Scacchi, presidente di Legambiente Lazio – il litorale dell’Oasi di Macchiagrande è interessato da evidenti fenomeni erosivi, con arretramenti della costa anche di decine di metri, intensificatisi proprio dopo la posa di nuovo cemento alla foce del canale; opera che andava sottoposta a valutazione di incidenza, vista la prossimità al SIC. Inoltre la Regione Lazio si appresta ad avviare altri lavori che prevedono la posa di una struttura reversibile definita geo-tubo. Oltre a progetti del genere, chiediamo alla Regione di accelerare per affrontare il problema alla radice, in primo luogo con progetti di rinaturalizzazione degli alvei fluviali da concretizzare tramite i Contratti di Fiume, permettendo ai corsi d’acqua di ricominciare nell’apporto detritico indispensabile al mantenimento delle spiagge; ma anche difendendo gli ambienti dunali e naturali del litorale, a partire dalle aree protette, in modo da mantenere viva la protezione delle spiagge e l’enorme riserva di sabbia che questi costituiscono”.
“Con l’arrivo di Goletta Verde ribadiamo le nostre perplessità al moltiplicarsi di opere che continuano a cementificare e artificializzare la linea di costa, spostando semplicemente nel tempo e nello spazio il problema dell’erosione ma senza mai affrontarlo seriamente – aggiunge Sebastiano Venneri, responsabile Mare di Legambiente – si tratta purtroppo molto spesso di interventi, come le barriere, ritenute ormai superate nella concezione dalla maggior part della comunità scientifica, che non solo non sono risolutivi per contrastare l’erosione costiera, ma che si rivelano anche dannosi per l’ambiente”.
Nel Lazio, secondo uno studio di Legambiente, nei decenni scorsi ben il 63% degli oltre 300 chilometri di paesaggi costieri sono stati trasformati da case, alberghi, palazzi, porti e industrie. “Un attacco senza sosta – è spiegato – agli ambienti dunali e costieri della regione che costituiscono uno dei complessi ecologici terrestri più delicati e caratteristici sotto il profilo paesaggistico e della biodiversità. Spiagge e ambienti dunali che stanno scomparendo, così come le praterie di Posidonia, a causa della cementificazione, della scarsità di apporto di materiali sabbiosi dai fiumi e come conseguenza della realizzazione di barriere rigide a mare che hanno contribuito ad ampliare il fenomeno”.






