Scuola, mascherine ed empatia: come gestire il delicato equilibrio psicologico

Venerdì, 13 Novembre 2020 18:39

Autore: Rosanna Somma

Scuola, mascherine ed empatia: come gestire il delicato equilibrio psicologico
Dottor Alessandro Ruta:"giocare ad indovinare quale emozione si nasconde dietro la mascherina"

"La gestione dell’educazione dei bambini all’uso delle mascherine, unita al distanziamento sociale, per ridurre il rischio di contagi del Covid-19, sta diventando un problema serio che non si può più sottovalutare per diverse ragioni", lo afferma il dottor Alessandro Ruta, psicologo-psicoterapeuta psicoanalitico e CTU, civile- penale del Tribunale di Roma.

Nella sua riflessione, Ruta analizza sia i risvolti psicologi e sia l'importanza della comunicazione nel delicato equilibrio, messo a dura prova, nella gestione della profilassi anti-Covid legata alla quotidianità scolastico-sociale ed alle relative relazioni insegnante-alunno che, per contingenza, si sono dovute plasmare sul distanziamento sociale e sulla relativa difficoltà di cogliere le emozioni eclissate dai dispositivi di protezione.

MALESSERI E DISAGI PSICOLOGICI

"A causa del dilagare del Coronavirus viviamo giorni particolari: di ansia, di allarme e di paure razionali ma anche irrazionali. Il confronto con i colleghi sempre più evidenzia l’emergere di malesseri e disagi psicologi che rischiano di peggiorare ulteriormente con le nuove restrizioni che prevedono l’uso obbligatorio della mascherina (6-8 ore) durante le lezioni scolastiche. Molti bambini lamentano difficoltà respiratorie, sensazioni di ansia e soffocamento, di marca ipocondriaca e che sfociano in alcuni casi in veri e propri attacchi di panico.

E quando tali sintomatologie si acuiscono, spesso emerge il rifiuto scolastico, in alcuni casi sostenuto anche dal malcontento generale delle famiglie che sempre più si dilaga. Pretendere che un bimbo piccolo metta una mascherina a volte può diventare un incubo, per molti una causa persa in partenza. Possono farne a meno i minori di 6 anni e le persone con disabilità incompatibile con l’uso della mascherina, come ad esempio i bambini con spettro autistico.

Paradossalmente però, esistono anche tanti bambini con tale problematicità che sarebbero in grado di indossarla e tenerla almeno per periodi di tempo ristretti. Nello scenario configurato dalla pandemia COvid-19, tra le molteplici criticità che i bambini con disabilità si sono trovati ad affrontare, una in particolare è quella legata alla comunicazione; soprattutto i bambini e le persone con disabilità intellettiva, specie se grave, che non potendo comprendere il senso delle parole, basano tutta la comunicazione sul linguaggio espressivo del volto. Per tanto le persone con specifiche necessità non trovano risposte adeguate nel complesso sistema di gestione dell’emergenza. Possiamo pensare che l’introduzione di questi dispositivi, si è rilevata di particolare disagio per i bambini portatori di sordità, in quanto non possono effettuare la labiolettura, ovvero la lettura delle labbra per comprendere ciò che l’interlocutore dice. Spesso le soluzioni proposte sono decisamente poco aderenti alle necessità delle persone, ai differenti contesti d’impiego e alla possibilità di essere applicate in scenari di emergenza. Per tali ragioni si sono studiate delle mascherine con un’apposita apertura trasparente in prossimità della bocca, o banchi protetti da lastre di plastica trasparente; ma occorre ricordare che non sono solo i bambini con problematicità ad avere bisogno di vedere oltre la mascherina, in quanto è una necessità di tutti noi, sia degli adulti e soprattutto dei bambini".

EMOZIONI CHE SI NASCONDONO

"È di facile comprensione che durante la comunicazione, oltre che con la voce, osserviamo la mimica facciale. La comunicazione è una attività complessa, nel suo significato originale, comunicare significa 'mettere in comune', cioè condividere pensieri, opinioni, esperienze, ma soprattutto tutto ciò è accompagnato da movimenti del volto che esprimono sensazioni, emozioni e sentimenti. Senza rendercene conto, quando interagiamo con i bambini ne analizziamo i movimenti, combinandoli insieme, per interpretare correttamente ciò che ci viene detto. Con l’utilizzo della mascherina che rende visibile solamente la metà superiore del nostro viso, comunicare a volte diventa un'impresa difficile. Cosa che diventa ancora più difficile quando l’interlocutore è una persona sconosciuta, poiché non c’è la familiarità con quella bocca e con quei movimenti del viso che aiutano l’interpretazione delle espressioni.

Per comprendere tale difficoltà basta posizionarsi davanti lo specchio e minare le emozioni principali: sorpresa, paura, dolore, disgusto, disprezzo, tristezza e felicità che come sappiamo sono registrate da cambiamenti dei muscoli della metà del viso superiore della fronte, delle sopracciglia, delle palpebre, e quello della metà del viso inferiore delle guance, del naso, delle labbra e del mento. È sorprendente prendere atto che non è facile riconoscerle, in quanto la bocca e gli occhi sono le zone che osserviamo di più perché essendo le parti più espressive del viso sono anche quelle che trasmettono più informazioni. L’interpretazione delle espressioni facciali riveste ancora un’importanza vitale nelle relazioni interpersonali, perché ci aiuta a comprendere le emozioni dei nostri interlocutori. Comunemente si ha l’abitudine di pensare che il contenuto verbale sia superiore di quello non verbale, nella capacità di comunicare un messaggio. A tal proposito cito uno studio condotto da Albert Mehrabian nel 1972 (“Non verbal comunication”) che rimane valido ancora oggi, secondo il quale risulta che in uno scambio vocale tra due individui, le percentuali di messaggio veicolato, tra verbale e non verbale, sono le seguenti:

-Il 55% dai movimenti del corpo (soprattutto le espressioni facciali)

-Il 38% dall’espetto vocale o paraverbale (la voce: volume, tono e ritmo)

-Il 7% dall’aspetto verbale (le parole)

Si deduce che perché la comunicazione nella sua totalità sia efficace, è dunque necessario che i segnali verbali e non quelli verbali, siano coerenti l’uno rispetto all’altro. Qualche docente ha pensato di stampare mascherine con una sola espressione emotiva davanti, solitamente un grande sorriso, ma apparirebbe del tutto bizzarro, se non addirittura angoscioso osservare un maestro quando ad esempio richiama la classe all’ordine con un tono deciso e serio: in tal caso il messaggio non sarebbe credibile, ma confusivo.

L’uso della mascherina, non permette questa discriminazione, agli occhi dei bambini il mondo intorno a loro sembra disumanizzarsi, l’organizzazione della scuola appare rigida per i limiti che impone, sono emersi elementi che hanno portato a ritenere quanto le condizioni di isolamento prolungato dalle espressioni delle emozioni siano responsabili dell’aumento dei livelli di stress. Anche per una maestra dedita al suo lavoro è frustrante non poter cogliere velocemente gli stati d’animo dei bambini quando ad esempio la mattina entrano in classe, oppure quando emerge un cambiamento del colore della gote che segnala un disagio, comprenderne i significati nascosti dalle espressioni sottili del volto, sintonizzarsi sui suoi stati affettivi e verbalizzare attraverso l’empatia le loro emozioni.

Studi specifici hanno dimostrato che dare un nome alle emozioni ha un effetto rasserenante sul sistema nervoso e aiuta i bambini a uscire più in fretta dalle situazioni di turbamento. Quindi per essere bravi “educatori” emotivi e fondamentale aiutare i più piccoli a sviluppare un vocabolario con cui esprimere le emozioni. Ma se queste non si vedono perché coperte? Ormai è sempre più frequente la quotidiana esperienza di non essere riconosciuti da amici e conoscenti, comunicare ad alta voce per il timore di non essere ascoltati, cadere in malintesi o incomprensioni per l’impossibilità di codificare i movimenti del viso".

L'IMPORTANZA DELLA COMUNICAZIONE EMPATICA

"La scuola non è un luogo dove si devono garantire solamente gli apprendimenti cognitivi, tutt’altro, specialmente quando si parla di bambini, la scuola dovrebbe garantire lo sviluppo della socializzazione e della comunicazione empatica attraverso il riconoscimento delle emozioni. Se si riesce a cogliere gli stati d’animo e i pensieri degli altri, si potrà instaurare una maggiore intimità con le persone care e nel contesto scolastico, i bambini saranno più in grado di gestire più efficacemente i rapporti con gli amici ed i compagni di classe, in un clima meno persecutorio come lo è ora in alcuni contesti".

ESORCIZZARE LA PAURA

"Consiglio quindi alle maestre ed ai genitori, di esorcizzare ciò che fa paura con qualcosa di divertente, il dr. Massimo Ammaniti, noto psicoanalista dell’età evolutiva, consiglia di raccontare la storia di quel bimbo che ha la tosse e che la passa a tutti, facendoli ammalare e costringendoli a stare a casa, a prendere medicine e non andare a scuola per tanto tempo. E possono dire ai bambini che la loro collaborazione invece può essere importante perché questo non accada a nessuno.

Oppure, si potrebbe giocare ad indovinare quale emozione o smorfia si nasconde dietro la mascherina. Iniziando così ad allenare la capacità di comprendere le espressioni, si chiede al bambino: 'Carlo, secondo te adesso Massimiliano sorride o è arrabbiato?'”.


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