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Ostia, al Teatro Dafne arriva “Un’idea”

Sabato 8 e domenica 9 novembre uno spettacolo sull’identità e le inquietudini giovanili, firmato da due giovani autrici e interpreti.

 

di Dario Nottola

È più difficile scegliere o lasciarsi vivere? Da questa domanda nasce “Un’idea”, lo spettacolo scritto, diretto e interpretato da Susanna Rizzi e Matilda Verole-Bozzello, in scena sabato 8 e domenica 9 novembre al Teatro Dafne di Ostia. Un racconto a due voci di quel momento sospeso in cui si lascia l’adolescenza e si prova, spesso con fatica, a entrare nel mondo adulto, esplorando le incertezze, le paure e le possibilità davanti al proprio futuro.

 

In scena due ragazze diciottenni, apparentemente opposte: una resta immobile sul divano a guardare la televisione, sommersa e paralizzata da molteplici possibilità che le scorrono davanti; l’altra si muove e salta la corda senza sosta, accettando tutto ciò che la vita le propone, senza mai avanzare davvero e restando ferma nello stesso punto. Due energie, due direzioni, due identità, a prima vista antitetiche, che si riveleranno invece due facce della stessa persona: solo riconoscendosi l’una nell’altra troveranno la forza per affrontare le proprie paure e dare senso al futuro.

 

Risale al 2024 il processo creativo che ha dato vita allo spettacolo, quando le due giovani autrici hanno partecipato alla residenza artistica 418, curata da Mumble Teatro e dedicata al tema Cosa faremo da grandi. È in questo contesto che ha preso forma la prima versione del racconto, presentata come corto teatrale itinerante nel borgo di Palanzo, dove le strade e le case si sono trasformate in un grande teatro collettivo. Nel 2025 il lavoro è stato poi ripreso e ampliato, per trasformarsi nello spettacolo teatrale prossimamente in scena al Teatro Dafne.

 

“In questo lavoro ci siamo liberamente ispirate alla poetica di Giorgio Gaber – spiegano le autrici, registe e interpreti Susanna Rizzi e Matilda Verole-Bozzello – interrogando la fragilità dell’Io contemporaneo, la difficoltà di riconoscersi nell’Altro e la tensione costante tra ciò che si vorrebbe essere e ciò che si è. Il riferimento più diretto è il testo della canzone Io come persona, in cui il cantautore rivendica la propria presenza nel mondo e la propria autenticità tra gli altri, pur nella consapevolezza della fragilità e dello smarrimento che lo accompagnano. È questo – concludono le due protagoniste – il nostro punto di partenza poetico e anche di arrivo: l’angoscia di un Io indefinito, forse oggi indefinibile, ma che tutti cerchiamo costantemente di definire o ridefinire; il rapporto con l’Altro, inteso come specchio di se stessi in cui, però, è sempre più difficile riconoscersi”.

 

Due repliche, sabato e domenica prossima, per uno spettacolo intenso e poetico, che parla della forza e della vulnerabilità che ci accomunano tutti, nella ricerca costante di noi stessi.

 

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