La mia lettera al Sindaco

Venerdì, 16 Novembre 2012 11:13

Autore: Matteo Fasano

La mia lettera al Sindaco
“Adesso. Dopo sarà troppo tardi”

Sindaco, Lei volge alla fine del suo mandato mentre la Terra ha raggiunto sette miliardi d’individui, intollerabili disparità sociali straziano ancora tutti i continenti. Ognuno di loro alla ricerca di appagare il proprio bisogno, incide con le proprie scelte di consumismo, in modo quasi aggressivo, sulla salute del nostro pianeta, sull’acqua, sulla salute, sulla produzione di rifiuti che non sarà smaltita naturalmente se non tra qualche millennio. Tutto questo influirà inevitabilmente sulla disponibilità di cibo e materie prime, un male per noi stessi e per tutte le generazioni future. La tecnologia raggiunta oggi ci mette a disposizione qualcosa di così potente, che mai nella storia ha visto eguali. Questa risulta aimè essere un’arma a doppio taglio. In natura nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma, ed è proprio questo che con il nostro trasformare e abusare di una risorsa a cosi baso costo come il petrolio, ci ha portato a evolverci in modo rapido e complesso, ma sempre più fragile. Abbiamo un’economia basata sul debito e di conseguenza sull’impossibile crescita infinita, alla quale però ci costringono a obbedire rendendoci colpevoli come in una religione che c’è familiare. Abbiamo una storia che pesa come un macigno sul cambiamento, oramai le generazioni sono obsolete come spazio temporale, perché il cambiamento con la sua velocità non permette di adeguarci, competenze, metodi che sono completamente inadeguati a gestire il rapido cambiamento che è senza mezzi termini epocale.
Caro Sindaco, amministrare è una grande responsabilità in particolare oggi, e sulle sue spalle grava il giudizio non solo dei suoi elettori, non sempre informati, non sempre onesti, che vogliono solo risposte concrete per oggi, ma pure quello delle generazioni più giovani e di quelle ancora a venire, che la condanneranno senza pietà o la ringrazieranno per l’eternità, perché dalle sue scelte dipenderà il loro benessere. Come per un grave malanno c’è un tempo nel quale la prevenzione ha ancora un senso prima che i sintomi divengano incurabili. E’ proprio Lei, e solo Lei quello che può ancora fare qualcosa. Adesso. Dopo sarà troppo tardi.
Allora provi a uscire dagli schemi, dal conformismo ideologico e politico, dalle soluzioni semplificate, dalla comodità, dal piccolo o grande interesse, dall’ignoranza, dall’arroganza. Pensare un progetto che parta dalle esigenze dei cittadini di oggi e di domani, era un compito per cui Lei era stato eletto, come pure coinvolgere le associazioni, i cittadini che hanno competenze preziose, i centri di ricerca per trovare le soluzioni più razionali, passando tramite la condivisione con le persone dei vari scenari possibili. Provare a immaginare una città con aria più pulita, con più verde, con mezzi pubblici efficienti, con più spazio per i piedi e le biciclette, con spazi comuni, con più spiagge libere, con più risparmio energetico, con meno rifiuti, con meno automobili, con meno consumi superflui, non veniva chiesto qualcosa d’inimmaginabile, bastava ispirarsi a modelli virtuosi già consolidati e presenti in tutta Europa. Ricercare legami fisici e sociali tra città e territorio, la vocazione agricola, balneare, i piccoli centri, fermando la cementificazione, promuovendo la diffusione equilibrata delle energie rinnovabili, i circuiti di produzione di cibo locale, la protezione del paesaggio, la consapevolezza dei limiti. Bene Lei sa cosa ha fatto e cosa non ha neanche immaginato. Tuttavia la metamorfosi dello scenario geografico, ci obbliga a dover giudicare che la metamorfosi permanente, non è solo il mutamento del corredo arboreo a determinarne la trasformazione. L'espianto di una siepe, l’abbattimento di qualche albero secolare o l'impianto di un vigneto, è un’opera reversibile: la siepe si potrebbe ripiantare, il vigneto invecchia e sarà sostituito, l’albero secolare sarebbe alla fine deceduto e rinnovato.
A modificare irreversibilmente il paesaggio e la struttura sociale è l'edilizia, se tanti comuni del Bel Paese, tra cui il nostro fa dell'Italia, oggi, il Brutto Paese. La causa è l'edificazione sconsiderata, l'espansione smodata dei suburbi, il dilagare dei borghi rurali senza alcun rispetto delle campagne, l'irrefrenabile proliferare di villette, di centri commerciali, capannoni, depositi agricoli che per millenni sono stati in legno oggi sono orripilanti manufatti cementizi, residence e condomini in ogni recesso del territorio rurale. In comprensori interi la campagna, quella vera, non esiste più. Ci si potrà prodigare per fare ripiantare qualche siepe, cespuglio che diverrà boschetto, forse. Nel nostro territorio traspare l’emblema del genio italico, i'ingegno del piccolo artigiano, fortuna e sciagura dell'italica gente, che alla campagna, ha imposto il suo sigillo costruendo tra i campi, dove la speculazione di accaparrarsi terre fertili che in futuro, sicuri, avrebbero convertito in edificabile, il capannone convertito dalla stalla, il casolare divenuto condominio, a immortalare il successo, il contadino strappato dalla terra per ingordigia di divenire costruttore, di cosa ?
Come il piccolo contadino ha appagato un bisogno profondo stimolato da incalzanti immagini di un futuro economicamente felice hanno così conquistato la campagna con capannoni e villette Gli amministratori misurano, il successo della propria gestione, sciorinando i metri quadrati sottratti alla campagna, per realizzare villaggi industriali, centri commerciali, aree per parcheggi, rotatorie cementate, tangenziali. Nella festa collettiva dell'urbanizzazione si sono arricchiti in pochi, e perso in tanti, un popolo nel cui cuore pulsava una repulsa profonda delle proprie tranquille origini contadine, e marinare, devono fare i conti con arroganti amministratori che si vantano di aver modernizzato il comune, lasciandoci in eredità un territorio dilaniato. Mi sono interrogato, molte volte come questo sia possibile, sicuramente la matrice sta nella differenza d'atteggiamento verso il paesaggio degli italiani, non come gli inglesi e i tedeschi che all'origine hanno una percezione diversa del valore dell'ambiente, radicata nel profondo dell'anima collettiva. Vedere costruire una fabbrica tra campi e querce suscita probabilmente, il disappunto di ottanta inglesi su cento, il consenso di ottanta italiani su cento. Gli atteggiamenti collettivi possono cambiare, certo, ma mentre aspettiamo il cambiamento di atteggiamento verso il paesaggio, il nostro territorio cambia, ormai irreversibilmente, e con la sua deturpazione è stato compromesso un patrimonio di valore essenziale per la comunità. A parole vuole  competere con i primati turistici internazionali, dovremmo considerare la bellezza dei nostri territori un autentico bene economico, di fatto però i nostri beni sono in balia della cattiva coscienza, questo ci dice quanto la tutela del territorio sia inadeguata agli imperativi civili, della convenienza economica.  A questo punto il giudizio rimarrà impresso nelle menti dei singoli, se dovessi esprimermi sull’operato della sua amministrazione, oltre che irritarmi dovrei elencare le motivazioni perché è negativa. Sul nostro terreno c’è stata una speculazione fatta in modo disastroso portando in modo irreversibile un cambiamento, non sostenibile dal punto di vista paesaggistico, e la struttura sociale muterà in modo inequivocabile, il servilismo all’economia del mattone e tutto quello che ha generato sarà una bella eredità per i nostri figli i vostri nipoti e per le generazioni future. Qualcuno si sarà arricchito da tutto questo e tanti avranno perso, ricordando che il territorio è un bene comune. Non è necessario elencare i particolari, sono sotto gli occhi di tutti, mi domando però dove sono quei cittadini come me che hanno a cuore il proprio territorio, forse un giorno non molto lontano dovremo risvegliare la nostre menti dal torpore del consumismo. Mi domando come mai nessuna irregolarità è mai stata appurata, perché se cosi fossero, che non ce ne siano, dovremmo sicuramente riscrivere le regole per permettere una vera, seria pianificazione urbanistica. Non augurando buon lavoro all’ufficio urbanistico, visti i risultati è meglio che vada la prima possibile a casa e poi a scuola, mi congedo attendendo un cambiamento.
 
Lettera inviata da: Marco Sanna
 
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