In un paese lontano

Martedì, 18 Marzo 2014 10:01

Autore: Fiumicino-Online

La mia storia, la mia solitudine, un inferno senza fine

Nel mio lontano paese, un brutto giorno all’improvviso e senza preavviso, furono fatti i bombardamenti da uno stato “amico” a noi vicino.
Io e la mia famiglia cercammo rifugio in luoghi di fortuna. La paura ci fece tremare ferocemente. Non c’era parte del nostro corpo che non tremasse.
Durante un violento bombardamento persi i miei genitori. Mi erano sempre stati accanto sin dal primo giorno della mia nascita ma dopo quell’inferno io caddi svenuto chissà per quanto tempo e non ritrovai più la via di casa. Quando mi ripresi cercai a lungo i loro scarni volti ma non fui in grado di ritrovarli.
A soli 14 anni, gente senza scrupoli mi arruolò nell’esercito. Cercavano ragazzi della mia età. Io avevo un unico intento: “Vendicarmi di chi mi aveva ucciso i genitori”.
 
La sorte sin da quella circostanza mi riservò tante altre sofferenze. Non sapevo che quelle armi che ritrovai nelle mie mani sarebbero diventate anch’esse strumento di morte. L’esperienza più atroce ed inquietante che potessi vivere fu quella di cominciare a combattere ritrovandomi ad uccidere a sangue freddo genitori di altri bambini fino a creare una perversa spirale di vendetta...”.
Quei pericolosi adulti ci avevano istruito assai bene, noi, nelle loro mani eravamo tanti piccoli robot telecomandati. Eseguivamo gli ordini senza mai contraddirli. A quel tempo, non capivo, non comprendevo anche se a volte mi chiedevo: “Cosa sta accadendo intorno a me? Il mio dito premeva il grilletto dell’arma letale. I corpi ondeggiavano violentemente sulla terra polverosa ed arida mentre un esile filo rosso scendeva sui corpi ormai inerti e sfigurati.
Non provavo più niente, ero diventato insensibile dopo quella terribile prima volta. La mia terribile prima volta non avevo osato guardare. Non sapevo chi fosse il mio nemico se bianco, nero, giovane, vecchio... avevo sparato all’impazzata... così… mi avevano ordinato di sparare, lo avevo fatto girandomi dall’altra parte. Quella lunga notte non potei dormire, ma il giorno dopo e quello dopo ancora la stanchezza mi assalì e dimenticai quella violenza da me perpetrata a danno di una sconosciuto dal volto sfigurato dalla mia inconsapevole follia omicida.
 
Poi, dopo qualche tempo conobbi Dzuki, uno come me, senza famiglia. Diventammo amici. Avevo qualcuno con cui parlare, con cui tornare bambino e sorridere allegramente. Sembravamo fratelli, ci somigliavamo così tanto eppure non ci eravamo mai visti prima. Aveva piccole accortezze per me. Mi portava un pezzo di pane, una cipolla, del formaggio. Era come aver ritrovato la serenità di un tempo in famiglia. Nei momenti di calma, fugaci parole e confidenze. Quel mio amico era per me come l’aria che respiravo, una boccata d’ossigeno dopo il sapore amaro della vendetta.
Poi di giorno in giorno cominciò a farmi  pensare alla ferocità  delle nostre azioni. Io non comprendevo. Mi aiutò a ragionare. Le nostre azioni quanto dolore avrebbero arrecato ad altri come noi. Finalmente  compresi. Mi convinse a fuggire, ma all’ultimo momento, impaurito mi tirai indietro. Lui corse lontano ma lo inseguirono.
 
Mi dissero che aveva commesso un errore e bisognava farlo fuori. Era mio amico, mio fratello. Aveva fatto un errore. Dovevo farlo io. La mia mano tremava, le lacrime rigavano il mio volto. Non potevo sparargli, era una parte di me. I suoi occhi implorarono il colpo finale. Io tremante lo colpii, un colpo secco, mortale.
 
La mia storia, la mia solitudine, un inferno senza fine. Oggi non ho più 14 anni. Sono riuscito a scappare. Sono un uomo libero in una terra lontana dal mio paese. Ho trovato persone che mi hanno aiutato a risalire la china. Ho ritrovato il mio equilibrio interiore. Mi hanno fatto studiare. Mi hanno fatto lavorare su di me. Ho cominciato a raccontare il mio vissuto ad un dottore. Mi ha aiutato a vedere nel profondo della mia anima. Ho compreso quel che da ragazzo non capivo. Ho chiesto perdono al Signore. So che mi ha perdonato. Adesso ho bisogno di mostrare a me stesso ed al mondo intero che si può cambiare in meglio.
Il mio passato doloroso ha scritto pensieri tenebrosi. Il mio presente é gioioso ed assieme alle persone che ho accanto scrivo i colori di una vita piena di speranza.
 
Leggendo piccoli frammenti di morte, ho pensato alle povere vittime della guerra. Ed ho scritto, ricostruendo una storia fatta di diverse storie di vita vissuta. Tante guerre sono nel mondo. La guerra è spietata, dolorosa, unta, grezza, scolorita, assetata di sangue, di vite umane e di denaro. L’uomo non cambia, ha da sempre tanta voglia di distruggere. Riuscirà un giorno a capire? Apriamo la nostra mente alla vera vita, splendido strumento di amore per l’altro ed il creato pur senza dimenticare che tanta violenza silenziosa si annida tra le nostre pareti domestiche della nostra casa.
 
Mariapina
 
 
 
 
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Pubblicato in Il Segnalibro