La sindrome da stress post traumatico (PTSD)

Martedì, 05 Aprile 2022 08:21

Autore: Fiumicino-Online

Una forma di disagio mentale tra i danni psicologici della guerra in Ucraina

di Fabio Reposi direttore della farmacia comunale Aranova

L'arrivo dei profughi ucraini in Italia, in particolare di donne e bambini che vengono dalle città più colpite dai bombardamenti, ha riversato sulla medicina territoriale anche il ruolo di primo contatto per la diagnosi e la presa in carico degli effetti psicologici della guerra.

Lo stress post traumatico è una forma di disagio mentale che si sviluppa in seguito a esperienze fortemente traumatiche. Definito e studiato negli Stati Uniti soprattutto a partire dalla guerra del Vietnam e dai suoi effetti sui veterani, riproposti poi in tutte le più recenti esperienze belliche, il PTSD può manifestarsi in persone di tutte le età, dai bambini e adolescenti alle persone adulte, e può verificarsi anche nei familiari, nei testimoni, nei soccorritori coinvolti in un evento traumatico. Il PTSD può derivare anche da un'esposizione ripetuta e continua a episodi di violenza e di degrado.
 
Essendo una condizione di disagio mentale complessa e derivanti da molteplici fattori, sia personali che ambientali,  la diagnosi di PTSD non è univoca né semplice ed è genericamente indicata come "la condizione di stress acuta che si manifesta in seguito all'esposizione a un evento traumatico".

Tra i sintomi più comuni del trauma da guerra, gli esperti segnalano la comparsa di flash back delle scene più angoscianti, attacchi di panico, insonnia e incubi così come fenomeni di isolamento sociale. Nei bambini si possono osservare fenomeni di regressione come il bisogno di dormire insieme ai genitori.

Le ricerche effettuate direttamente su diverse aree del cervello hanno dimostrato che gli individui affetti da PTSD producono livelli anormali di ormoni coinvolti nella risposta allo stress e alla paura. La zona del cervello responsabile di questa risposta è l'amigdala che, in situazioni di paura, si attiva producendo molecole di oppiacei naturali che riducono la sensazione di dolore. In persone affette da PTSD questa produzione si protrae a lungo anche dopo la cessazione dell'evento causando alterazioni dello stato emotivo. Inoltre verrebbero alterati i  livelli di neurotrasmettitori che agiscono sulla zona del cervello dell' ippocampo, influendo sulla capacità di memoria e di apprendimento.  
 
Le stesse alterazioni dei livelli di neurotrasmettitori sarebbero alla base dei flash back improvvisi. I malati di PTSD sono anche soggetti a un'alterazione del flusso sanguigno cerebrale e a cambiamenti strutturali del tessuto cerebrale. Un fattore che peggiora la condizione mentale dei rifugiati ucraini è la rapidità con cui sono passati da una vita normale, simile a quella di molti altri paesi occidentali, a una condizione di guerra con morti, feriti e profughi.
 
I bambini sono particolarmente esposti al rischio di ansia da separazione non accettando di separarsi dai genitori nemmeno per permettere loro di andare in bagno o di lavarsi, contribuendo ad aggravare il livello di stress anche tra gli adulti. I traumi infantili aumentano anche il rischio di sviluppare malattie fisiche o mentali nell'età adulta, inclusi depressione, dolore cronico, disturbi cardiaci e diabete.
 
Le persone affetti da PTSD manifestano difficoltà al controllo delle emozioni, irritabilità, rabbia improvvisa o confusione emotiva, depressione e ansia, insonnia, ma anche la determinazione a evitare qualunque atto che li costringa a ricordare l'evento traumatico. Un altro sintomo molto diffuso è il senso di colpa per essere sopravvissuti o non aver potuto salvare altri individui.
 
Dal  punto di vista più prettamente fisico alcuni sintomi sono dolori al torace, capogiri, problemi gastrointestinali, emicrania e indebolimento del sistema immunitario. La diagnosi di PTSD arriva quando il paziente presenta i sintomi caratteristici per un periodo di oltre un mese dall'evento che li ha causati.
 
Le prime indicazioni per i clinici che devono gestire in un paziente traumatizzato non sono mediche in senso stretto: è necessario garantire la sicurezza fisica dei rifugiati ma anche quella delle poche cose care che portano con sé (ricordi, animali domestici); favorire il contatto con i familiari lontani ogni volta che è possibile, utilizzare tecniche di rilassamento compatibili con il loro approccio culturale, valutare le patologie più comuni nelle popolazioni di provenienza.
 
Non esiste un consenso generale sul modo di curare le persone affetti da PTSD. Non è neppure escluso che PTSD si risolva anche senza specifici trattamenti, se l'individuo assistito è aiutato nell'ambiente familiare comunitario e le sue condizioni personali lo permettono. Tuttavia, in generale, una forma di trattamento è auspicabile prima che sintomi degenerino in forme croniche.
 
Il trattamento può aversi essenzialmente su due livelli: quello farmacologico e quello psicoterapeutico. In questo secondo caso è consigliabile la terapia cognitivo-comportamentale in cui il paziente impara metodi di gestione dell'ansia e della depressione e a modificare comportamenti pericolosi, come la negazione delle proprie emozioni. Anche le terapie di gruppo e altre forme di psicoterapia possono dare buoni risultati.
 
La lunghezza indicativa del trattamento è generalmente di 6-12 settimane anche se può variare fortemente a seconda delle condizioni psicofisiche del paziente. Molto importante è il ruolo di coinvolgimento della comunità di appartenenza e della famiglia. Un aspetto importante è la consapevolezza del disturbo da parte delle vittime. Il trattamento deve quindi partire da una fase di educazione e di informazione dei superstiti e delle loro famiglie sulla possibilità e sulle modalità di sviluppo del PTSD. Riconoscere i sintomi nelle settimane successive e agire rapidamente per gestirli e trattarli è una componente che influenza fortemente il successo del trattamento.
 
 
 
 
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Pubblicato in Salute & benessere
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