Stereotipi di genere e linguaggio sessista

Martedì, 26 Gennaio 2016 15:53

Autore: Stefania Curzio

Come migliorare, attraverso la conoscenza delle parole, le relazioni tra donne e uomini

di Stefania Quarti
 

Stereotipo: opinione precostituita, generalizzata e semplicistica, che non si fonda cioè sulla valutazione personale dei singoli casi ma si ripete meccanicamente, su persone o avvenimenti e situazioni.
Gli stereotipi di genere attribuiscono a tutte le donne alcune caratteristiche, quali la capacità di realizzarsi soprattutto nella sfera privata, quali mogli e madri. Non solo, anche nella scuola permane l’opinione diffusa è che le ragazze siano più brave nelle materie letterarie, mentre “difettino” nello studio della matematica, delle scienze e della tecnologia. Risultato? Una settorializzazione degli studi e delle carriere molto netta tra uomini e donne, con ripercussioni anche dal punto di vista lavorativo in quanto le opportunità di lavoro in ambito scientifico e tecnologico sono più remunerative, oltre che più prestigiose, rispetto a quelle delle aree educative o umanistiche e offrono maggiori possibilità di lavoro. Gli stereotipi indirizzano, condizionano, ingabbiano e spesso danno una rappresentazione univoca e distorta della realtà. Basti pensare allo stereotipo sulla maternità, vista come ostacolo al lavoro femminile. Studi recenti hanno invece dimostrato che proprio durante il periodo di maternità le donne, e/o gli uomini che si occupano quotidianamente del lavoro di cura, acquisiscono le competenze di cui oggi hanno bisogno le aziende: organizzazione, velocità nel gestire emergenze e rischi, fissare priorità, maggiore capacità di ascolto, di creare alleanze, di capire le persone e conquistarsi la loro fiducia. Perché allora, in Italia, queste risorse e competenze delle donne non vengono utilizzate? Perché dovremmo cambiare i nostri modelli organizzativi, culturali e anche mentali e, per fare questo ci vuole coraggio. Così come ci vuole coraggio nel cambiare il linguaggio, per fare in modo che NON SIA un:
 
Linguaggio sessista: è il linguaggio che utilizza il cosiddetto “maschile inclusivo” anche quando ci si riferisce a donne, soprattutto per i titoli professionali e i ruoli istituzionali: ministro, architetto, direttore, chirurgo, ingegnere, sindaco, funzionario.
Ancora adesso si fa fatica a coniugare al femminile nomi di professioni o di ruoli, anche se per la lingua italiana la declinazione del genere è obbligatoria. Spesso anche le poche donne che si trovano ai vertici delle aziende, delle istituzioni e della politica, per emergere, o solo per resistere, preferiscono adeguarsi ad un pensiero dominante. In alcuni casi l’utilizzo del maschile inclusivo può rallentare la comprensione di un testo. Qualche anno fa in un quotidiano si leggeva: “l’Assessore e l’Architetto del Comune hanno avuto un figlio”. Fino a che non si leggono i nomi, qualora siano espressi, non risulta chiaro il genere delle persone coinvolte, con possibilità di spiacevoli equivoci.
Va sottolineato che il problema non è solo di forma ma di sostanza: il linguaggio infatti ha il potere di indirizzare, educare e condizionare la nostra visione del mondo. Se utilizziamo solo termini al maschile presupponiamo che le donne, in certi ambiti della società, non siano presenti, o, ancora peggio, non debbano starci. Le obiezioni più frequenti sono: tra tanti problemi al mondo questo è proprio poco rilevante. Di fatto l’utilizzo del genere maschile riferito alle donne rischia di oscurarle, di svilirle e sappiamo bene che le discriminazioni passano anche attraverso l’invisibilità. Anche nelle corsie d’ospedale, quando ci si rivolge agli uomini, si utilizza il termine “dottore, chirurgo, professore” mentre se ci si rivolge alle donne, oltre a non declinare la parola al femminile, si utilizzano addirittura altri vocaboli: signorina o signora è il termine più utilizzato. Non dobbiamo aver paura di cambiare il nostro linguaggio, perché la lingua italiana è una lingua viva e la realtà è già diversa da come viene pronunciata. Nello spazio abbiamo visto che il problema già è stato superato da tempo: Samantha Cristoforetti non ha dovuto scegliere come farsi chiamare, per fortuna Astronauta è una parola che termina con la lettera a.

 
Alle prossime parole: Empowerment e Contrasto alla violenza sulle donne
 
 
 
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