Omicidi senza colpevole: la decapitata del lago, il macabro omicidio di Antonietta Longo

Giovedì, 28 Settembre 2023 12:59

Autore: Fiumicino-Online

Il caso fece molto clamore, vennero scritti libri, fiumi di inchiostro su tutti i quotidiani, trasmissioni televisive ma non venne mai risolto

di Patrizio Pavone
 
Il 10 luglio del 1955, due amici in barca sul lago di Albano scoprono sulla spiaggia un corpo in stato di putrefazione: si tratta di una donna, interamente nuda ma priva della testa. Unici indizi sono un orologio al suo polso ed una copia del Messaggero, quotidiano di Roma avvinghiato alla parte superiore del corpo. La data del giornale è del 5 luglio 1955, probabile giorno della sua morte. I due uomini sono tanto spaventati che, incredibilmente, avvisano la polizia solo due giorni dopo.
 
La povera donna, accoltellata più volte nel basso ventre, ha una età tra i 25 e i 30 anni. La decapitazione è avvenuta nel luogo del ritrovamento. Questo accertano i primi rilievi. La marca dell’orologio, venduta in solo 150 esemplari dagli orafi della provincia e le denunce di scomparsa fanno sì che il corpo ha ora un nome: si tratta di Antonietta Longo, nata vicino Catania e di professione domestica presso la famiglia Gasparri.
 
Gli inquirenti ricostruiscono i suoi ultimi giorni di vita: aveva chiesto un mese di permesso dal lavoro ed aveva comprato un biglietto del treno per tornare al suo paese, ma non era mai partita. Aveva ritirato tutti i suoi risparmi e scritto una lettera alla sua famiglia per informarla che intendeva sposarsi a breve. Un noleggiatore di barche del lago di Albano testimonia che aveva affittato una barca a lei e al suo accompagnatore il 5 luglio e che non avevano più fatto ritorno.
 
Si cominciano a cercare i suoi corteggiatori e viene rintracciato un suo fidanzato che però non è incriminato. Al deposito bagagli della stazione Termini viene scoperta una  valigia della Longo con abiti appena comprati. Ma dei soldi che aveva ritirato, ben 331mila lire, cifra molto ingente all’epoca, non vi è traccia. Il caso viene archiviato per mancanza di altri indizi, poiché non si trovano né movente né arma del delitto.
 
Due anni vi è un colpo di scena: un carcerato di Regina Coeli, luogo di detenzione di Roma, rivela agli inquirenti che il proprio cognato, Giuseppe Bucceri, era il probabile omicida, poiché era solito raggirare donne nubili, facendole credere di sposarle per estorcere loro del denaro e spaventandole poi al punto da non denunciarlo per non avere poi la testa tagliata. Ma dopo lunghe indagini anche questo uomo viene scagionato.
 
Quindici anni dopo il delitto, il datore di lavoro della povera Antonietta Longo, porta agli inquirenti una lettera anonima, appena ricevuta, nella quale si spiega che la donna era stata sottoposta ad aborto ed era morta per emorragia. Era stata poi decapitata sulla spiaggia del lago di Albano per non farla riconoscere. Poco tempo dopo  sulla stampa si parla nuovamente di questo caso con  una nuova notizia: altre due lettere anonime indirizzate al capo della Corte di Appello di Roma.
 
In esse si svela che l’aborto era stato imposto alla vittima dal fidanzato, un contrabbandiere che l’avrebbe uccisa perché lei minacciava di denunciarlo se non l’avesse sposata. L’assassino avrebbe poi disciolto nell’acido la testa della donna, teschio che non venne in effetti mai ritrovato. Ma anche questa nuova pista non vide un colpevole. Il caso fece molto clamore in Italia e vennero scritti libri, fiumi di inchiostro su tutti i quotidiani italiani, trasmissioni televisive ma non venne mai risolto.
 
 
 
 
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