Morti in carcere, il ministero della Giustizia “alla sbarra”

Lunedì, 05 Dicembre 2011 11:06

Autore: Stefania Curzio

Simone La Penna, straziato fino a pesare solo 45 chili, deceduto nel carcere di Regina Coeli
Zaccai: “Una decisione coraggiosa della magistratura”. Per la prima volta il dicastero di via Arenula, citato dal gup, comparirà come responsabile civile per il caso del 32enne morto a Roma nel novembre del 2009. Accusati di omicidio colposo tre medici del reparto sanitario Sandro Pertini. Ancora una volta l’ospedale finisce nel ciclone delle morti sospette.
“Alla sbarra” il ministero della Giustizia. Il dicastero di via Arenula è stato infatti citato come responsabile civile nel procedimento per la morte di Simone La Penna, il 32enne deceduto nel novembre del 2009 nel carcere di Regina Coeli.  Il pm Eugenio Albamonte ha anche chiesto il rinvio a giudizio dei tre medici del reparto sanitario del carcere per omicidio colposo, con l’accusa di  non essersi accorti delle gravissime condizioni di salute del detenuto. Secondo la ricostruzione del pm, i sanitari, anziché curarsi del suo stato di salute, lo avrebbero lasciato a se stesso senza curarlo (molte analogie con il caso Cucchi). Il procedimento cercherà di fare luce su questa drammatica vicenda nella quale, come sembrerebbe, non sarebbe stato tutelato il diritto alla salute della persona fino alla sua morte.
Nel corso dell’udienza preliminare davanti al gip, Nicola Di Grazia, i familiari hanno così chiesto e ottenuto dal giudice di citare come responsabile civile il ministero che, in caso di condanna, dovrà contribuire al pagamento dei danni. Simone La Penna durante la detenzione accusò gravissimi disturbi.   Sofferente per carenza di potassio, vomitava il cibo e pertanto fu ricoverato per anoressia nel 2003 e nel 2005 trasferito all’ospedale Sandro Pertini. Nel gennaio del 2009 fu poi condotto presso  il carcere di Viterbo per scontare una condanna di due anni, quattro mesi e 29 giorni per detenzione di sostanze stupefacenti.
Al momento del trasferimento pesava 79 chili per un’altezza di 1,73 cm. Cominciò però da subito a perdere peso. L’8 giugno dello stesso anno fu  trasferito a Regina coeli e il 27 luglio ricoverato all’ospedale Sandro Pertini dove rimase due giorni. Il Tribunale di sorveglianza, preposto a valutare la compatibilità del regime detentivo con lo stato di salute, respinse tutte le richieste di arresti domiciliari avanzate dalla difesa.  A nulla valsero le dichiarazioni dei consulenti di parte che sostenevano che La Penna soffrisse di “grave stato di disagio psichiatrico, con ansia e umore depresso, e di disturbi dell’adattamento e dell’alimentazione”, causati dalla detenzione.  La situazione precipitò e il 26 novembre il giovane morì: era ridotto a pelle e ossa. Uno scheletro di 45 chili. 
Pier Paolo Zaccai, presidente del Movimento nazionale Italia garantista, nonché consigliere della Provincia di Roma, esprime apprezzamento per la decisione del magistrato di citare il ministero. “Da molto tempo le morti di Stato per negligenza o abuso di potere sono decisamente troppe. Il Movimento auspica chiarezza sui tanti casi affiorati, vedi Marinelli, Cucchi, Lonzi, Aldrovandi e Uva, affinché queste condotte criminali e contro l’umanità siano punite. Non è tollerabile un comportamento del genere: l’opinione pubblica e la società civile debbono reagire”.
 
 
 
 
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