Empowerment e contrasto alla violenza sulle donne

Martedì, 01 Marzo 2016 11:55

Autore: Stefania Curzio

La violenza si può eliminare, insegnando un altro modo di relazioni tra uomini e donne

di Stefania Quarti
 
Empowerment: la parola inglese empowerment deriva dal verbo to empower e viene generalmente tradotta in italiano con i seguenti significati: “conferire o attribuire poteri”, “mettere in grado di”, “dare autorità a”, “accrescere in potere”. E’ un processo grazie al quale le persone percepiscono il proprio valore e trovano in se stesse la forza di trasformare situazioni difficili, o percepite come tali, in occasioni di crescita sia individuale sia comunitaria.
 
Nella IV Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite di Pechino nel 1995, per la prima volta, si parla di empowerment delle donne e cioè della necessità di conferire loro potere e responsabilità in ambito politico economico e sociale. Un accesso ad un potere decisionale su se stesse, nelle loro vite, sulle loro scelte, e anche potere di prendere decisioni per gli altri. Dalla conferenza è nata una Piattaforma d’azione contenente gli obiettivi strategici che governi, organizzazioni internazionali e società civile devono perseguire, partendo dal principio che i diritti delle donne e delle bambine sono parte inalienabile, integrante e indivisibile di tutti i diritti umani e libertà fondamentali. La mancanza diritti è mancanza di libertà di decidere della propria vita, è sottomissione, è violenza. E allora cerchiamo di capire cosa si può fare per il:
 
Contrasto alla violenza contro le donne: innanzitutto partire dalla consapevolezza che nel 2014 in Italia sono state uccise 152 donne, di cui 117 in ambito familiare. Il fenomeno, che viene chiamato femminicidio, è riconducibile non a “raptus di follia” di qualcuno, ma ad una cultura che ancora propone, attraverso la pubblicità e l’educazione, la donna “oggetto e proprietà dell’altro sesso”. La legge 119 del 15 ottobre 2013, sul contrasto alla violenza di genere, prevede, tra le altre cose, l'arresto obbligatorio in flagranza nel caso di stalking (come anche per il reato di maltrattamenti in famiglia), l’allontanamento urgente del coniuge o compagno, dalla casa familiare, con il divieto di avvicinarsi ai luoghi più frequentati dalla persona offesa, in presenza di gravi indizi di colpevolezza di violenza sulle persone o minaccia grave e di serio pericolo di reiterazione di tali condotte con gravi rischi per la persona offesa.
 
Spesso la violenza non viene denunciata, e allora dobbiamo chiederci: che cosa impedisce a noi donne di dire NO? Mancanza di autonomia economica, paura di rimanere sole, di non farcela, mancanza di autostima? E a voi uomini, cosa vi spinge ad usare violenza contro le donne che dite di amare, di rispettare, con cui spesso avete condiviso un figlio o una figlia? Le leggi, anche se necessarie, non saranno mai sufficienti a risolvere le relazioni tra uomini e donne, a meno che non cominciamo a lasciare una parte di noi che non funziona più, imprigionata in ruoli ormai troppo stretti che ci ingabbiano e non ci permettono di essere libere e liberi di vivere una vita felice… INSIEME.
 
Ultima informazione prima di chiudere questo nostro appuntamento mensile: per combattere il fenomeno in tutta Italia sono stati istituiti i Centri Antiviolenza. Il numero a cui rivolgersi è il 1522: il numero è attivo 24 ore su 24 per tutti i giorni dell'anno e gratuito, e indirizza ogni donna verso le strutture territoriali competenti. Non solo, in Italia esistono circa dieci Centri di ascolto per uomini “maltrattanti” distribuiti soprattutto nel nord e nel centro Italia, che hanno l’obiettivo di diffondere il concetto che la violenza non è una malattia e che si può eliminare, insegnando un altro modo di relazioni tra uomini e donne, non più basate sul possesso, ma sul rispetto reciproco delle individualità.
 
 
 
 

 
Vota questo articolo
(1 Vota)
Pubblicato in Parliamo di...
Etichettato sotto