Senza libertà non si vince neanche il virus

Giovedì, 30 Aprile 2020 10:16

Autore: Fiumicino-Online

La libertà è diventata un "rubinetto" da aprire e chiudere
In tema di ripartenza stiamo assistendo all'ennesimo atto di sfiducia nei confronti dell'intero popolo italiano.
 
Posto che siamo finalmente usciti dalla fase più critica dell'emergenza sanitaria che finalmente è sotto controllo, chi ci governa non crede che gli italiani, senza repressione, siano in grado di esercitare i propri diritti in modo responsabile continuando a comportarsi consapevolmente contro questo maledetto virus.
 
Non ci è "consentito" riaprire molte attività vitali per il paese e per chi le esercita, neppure con le necessarie precauzioni.
 
Ci è finalmente "consentito" fare attività motoria senza essere inseguiti con metro e taccuino delle multe, che a differenza dei paesi più civili non si possono convertire in ore di lavoro per la comunità, ma dovremo comunque giustificare i nostri spostamenti.
 
In poche parole siamo stati messi sotto tutela dal "comitato scientifico" (ma chi è poi questa gente!?) come si fà con minori e incapaci di intendere e di volere, attraverso la soppressione, di dubbia costituzionalità, dei diritti umani inviolabili, quali la libertà di circolazione, di culto e di frequentare chi si vuole.
 
Sconcertato, mi chiedo dove stia il Parlamento mentre un solo uomo decide a colpi di DPCM.
 
La libertà è diventata un "rubinetto" da aprire e chiudere. A quanto pare lo stato, oltre che per strada, sulla spiaggia, al parco, ci pedinerà fino nell'alcova dove un pubblico ufficiale giudicherà se è vero amore.
 
Già, perché questo sentimento è un tema attuale e ricorrente dalle parti di palazzo Chigi, dove si chiede un atto d'amore alle banche per finanziare senza garanzie le imprese che non godono della fiducia di chi lo invoca.
 
Lo stigma di stato contro chi rivendica i diritti fondamentali e la necessità di lavorare ha spaccato l'Italia in Guelfi e Ghibellini, ovvero tra chi ha il reddito statale sicuro e chi no avendo l'attività chiusa, senza calcolare che esiste il rischio accettabile di un apparato produttivo  che deve ripartire anche per conservare quelle sicurezze che non sono per niente scontate.
 
Ci possiamo permettere di non assumerci il rischio di ammalarci per lavorare? Evidentemente no, visto  che stiamo scongiurando aiuto e prebende all'Europa.
 
Siamo disposti a rinunciare a diritti sacrosanti e costituzionalmente inviolabili?
 
A mio avviso no, poiché non si vive di solo pane, ammesso che vi sia, ma anche di Libertà e Dignità del lavoro, bisogni vitali quanto la salute.
 
Chiunque abbia mai operato nel privato sa che spesso si lavora anche malati perché non se ne può fare a meno e non c'è risultato senza rischio.
 
Aggiungo Io non c'è esistenza degna senza Libertà.
 
Lettera inviata da: Alessandro T. (Un bagnino impenitente)
 
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